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"Open Source e Brand Community", pollycoke e uno studio accademico

Il tema di Brand Community è attualmente uno dei più caldi a livello di marketing, nell’era di quel famigerato Web 2.0 fatto di continui rimandi tra aziende, utenti e comunità che avvengono tramite mezzi fino a poco tempo fa sottovalutati come blog e social network.
In una rivoluzione che decenni di associazioni dei consumatori non sono riusciti ad innescare, ormai nessuna azienda che voglia apparire credibile può permettersi di ignorare la forza delle reazioni sociali della propria utenza, specie se queste possono essere infinitamente amplificate cliccando su un semplice pulsante “mi piace” in grado di diffondere consensi o critiche in maniera esponenziale e in alcuni casi virale.
Quanto questo modello di ricerca del consenso possa applicarsi a progetti open source è grosso modo l’oggetto di uno studio di Francesco Catarinozzi, che ha deciso di chiedere aiuto a alla comunità di pollycoke e del software libero italiano in generale, con una mail molto informale che riporto con piacere. Potrebbe essere carino vedersi citati in una tesi :)

Stimato Prof. Felipe :)
Mi chiamo Francesco Catarinozzi, seguo il tuo blog e se sono mai riuscito a “smanettare” un pò su ubuntu è anche grazie a te.
La mia mail, oltre ad essere occasione per farti i complimenti, ha lo scopo di farti una richiesta, naturalmente senza impegno. Sto svolgendo una tesi di laurea magistrale sulle brand community, in particolare sulle loro reazioni negative a comportamenti dell’azienda. Un esempio è il caso iPhone 4 con il problema dell’antenna, ma in generale il mio tema è il modo in cui una comunità, delusa dall’azienda, gli fa un buzz negativo su internet tramite i propri contatti.
Mi è venuto in mente, mentre cercavo casi in giro per la rete, che nel mondo dell’open source una cosa del genere succede, purtroppo, spesso e visto che la mia conoscenza non è così vasta, a chi meglio chiedere se non a te che sicuramente ne sai molto più di me.
Quindi la mia richiesta è molto semplice: conosci e potresti indicarmi dei casi di comunità che si sono ribellate al proprio brand? Naturalmente la mia richiesta è a pure fine informativo e non presuppone alcun obbligo :-D …continuerò a seguire il blog anche in caso negativo ;-) E’ stato comunque un piacere parlarti.
P.S. In caso positivo è scontata la citazione tra i ringraziamenti, nelle note e nella bibliografia.
P.P.S. Puoi anche rispondermi pubblicamente ma non so se il tema può essere di interesse per altri :-D
buone cose
Francesco

Il tema è molto interessante! Concordo con te Francesco, sul fatto che in ambito di progetti Open Source ci sia una decisa abbondanza di reazioni, positive o negative che siano, dovuta in parte al tipo di processo generalmente più collaborativo e al tipo di utenza, spesso emotivamente molto coinvolta da implicazioni ideologiche e dal fatto di sentirsi in qualche modo chiamata in causa non solo a prodotto finito, ma anche durante lo sviluppo.
Per capire come Brand Community possa coniugarsi con Open Source, credo personalmente che ci sia da fare una prima distinzione tra progetti sviluppati da organizzazioni e progetti portati avanti da aziende. Nel primo caso si può parlare di un modello di sviluppo più puramente open source (due esempi facili: GNOME, KDE), mentre nel secondo assistiamo spesso al comportamento di aziende che sfruttano solo strumenti open source ma in un’ottica un po’ più tradizionalmente chiusa che spesso prescinde dal contributo degli utenti (un esempio facile: Android).
Fatta questa prima distinzione, mi concentrerei solo sul primo caso. Credo che sia facile capire già il tipo di approccio che queste organizzazioni hanno nei confronti delle rispettive comunità di utenti: inclusivo, partecipativo e mirante ad instillare negli utenti un senso di appartenenza e coinvolgimento, facendo uso di strumenti esistenti o creati ad hoc. Se non ricordo male fu Jeff Waugh che prese il concetto di aggregatore di blog di sviluppatori e lo chiamò Planet GNOME, proprio con l’intento di avvicinare gli utenti alle discussioni sui processi di sviluppo del desktop GNOME, una iniziativa talmente fortunata che ad oggi quasi ogni progetto open source di una certa rilevanza possiede un “planet” in cui gli sviluppatori aggiornano gli utenti, rendono conto di quel che creano, chiedono pareri, aiuti e test, ascoltano critiche e a volte discutono anche ad alta voce.
Per rispondere alla richiesta di esempi, ce ne sono parecchi: reazioni negative o anche aspre critiche1 rivolte ogni giorno e ogni ora a progetti aperti. Se volessimo restringere un minimo il campo potremmo utilizzare la distinzione che ho effettuato io (ma ovviamente nessuno vieta di applicare altri parametri).
Vorrei portare il primo che mi viene in mente, a me abbastanza caro… potete scommetterci: la controversa componente Zoomable User Interface di Plasma, presente in KDE fin dalla embrionale versione 4.0 e da me e da molti altri criticata fin da subito e poi per anni, durante i cicli di sviluppo delle versioni 4.1, 4.2, 4.3 e 4.4. La vicenda è brevemente riassunta nell’articolo “Polemica sul «coso» di Plasma (cashew) e sulla direzione di KDE in generale, con tanto di soluzione [+ I HATE the Cashew howto]” e trova conclusione in “Oxygen: aria nuova. Segnali di vita in KDE?“. Il primo articolo (di cui mi perdonerete l’enfasi ^^) contiene in particolare un link ad una critica rivolta alla ZUI anche da Celeste Paul, un membro dello usability team di KDE; nel secondo si accenna al fatto che finalmente in KDE 4.5 il team si sia convinto ad eliminare la componente criticata.
Questo era il mio contributo, ma siete tutti incoraggiati a partecipare e dare una mano a Francesco, riportando eventuali altri esempi e altre reazioni che possano venirvi in mente. Ovviamente la mia è solo una delle possibili letture, e spero di aver colto il senso di quanto richiesto da Francesco. Sono curioso di sentire se avete altre interpretazioni e altri tipi di contributo.

Note all'articolo

  1. Ovviamente ci sono anche moltissime dimostrazioni di gratitudine e ringraziamento, il fatto che non ci interessino in questa discussione non significa che le discussioni siano tutte negative ;) []

47 commenti

  1. Alessandro

    Alzi la mano chi non ha pensato ad Oracle… personalmente credo che la sua attuale politica nei confronti dei progetti della neo-acquisita Sun (ora Oracle America :D) le causerà (se non lo sta già facendo) non pochi problemi (ma non necessariamente solo problemi).
    La forza dell’Open Source (di qualunque tipo) in fondo sta proprio nella forza della comunità che ci sta intorno…

    • felipe

      Sì, anche io ho subito pensato ad Oracle, ma ho pensato di escludere l’esempio appunto distinguendo tra aziende e organizzazioni e soffermandomi sulle seconde.

    • Aldo "xoen" Giambelluca

      > Alzi la mano chi non ha pensato ad Oracle…
      L’ho alzata
      > personalmente credo che la sua attuale politica nei confronti dei progetti
      > della neo-acquisita Sun (ora Oracle America :D) le causerà (se non lo sta già facendo)
      > non pochi problemi (ma non necessariamente solo problemi).
      Boh, chissà, certo è che grazie a questa mossa credo che molti si stiano guardando attorno in cerca di alternative a OpenOffice, MySQL, etc…
      Posso abbassare la mano? Viene male scrivere con una mano.

  2. Massimiliano

    Niente da fare, nell’open source non bisogna mai lamentarsi, pena essere bollati come scrocconi, piagnoni, parassiti, ecc.
    Nell’open source si contribuisce attivamente al miglioramento delle cose, le chiacchiere stanno a zero.

    • Daniele

      Si ma dipende da cosa (e come) ti lamenti.
      Se arrivi arrogante incazzato a chiedere (aka pretendere) una modifica che serve solo a te, ovvio che ti danno del parassita scroccone (e con tutte le ragioni, aggiungerei).
      Se ti lamenti in modo gentile che un software crasha di continuo o gli manca una funzione che ritieni importante, non ho mai visto rispondere “arrangiati fattelo da solo”.
      Bisogna poi sempre tenere conto che con l’open il team di sviluppo spesso mantiene il progetto nel tempo libero, non si può quindi pretendere di essere ascoltati in tempi immediati

  3. Davide

    Senza andar lontano, citerei il putiferio che si è scatenato quando con ubuntu 10.4 sono stati spostati i pulsanti di comando delle finestre a sinistra.

    • Giorgio

      Attento, si sono “ribellati” gli utenti. Qui si parla di comunità interna.
      Francesco ha chiesto

      conosci e potresti indicarmi dei casi di comunità che si sono ribellate al proprio brand?

      la faccenda dei bottoni è ridicola e la comunità di Canonical no si è lamentata, si sono lamentati un paio di utenti. Poi è sorto un putiferio per le dichiarazioni di Shuttleworth, ma è un’altro conto.
      Il Brand di Canonical non appartiene alla comunità di utenti, anzi è l’unica cosa su cui gli utenti non hanno voce in capitolo.

      • Daniele

        Credo che francesco per comunità intendesse gli utenti.. altrimenti non capisco cosa intende, per esempio se per comunità intende gli sviluppatori, è impossibile che si ribellino alle loro stesse scelte!
        poi per come la vedo io gli utenti che utilizzano un software open sono la comunità…

      • felipe

        Sì concordo, non ho volutamente calcato la mano nell’articolo, ma classifico Ubuntu come prodotto di una organizzazione, nonostante sia un progetto Open Source.

        • Nedanfor

          Nì, per me è un’interessante via di mezzo. Diciamo che la community ha una rilevanza particolare per Canonical, anche se Mark ogni tanto calca la mano, tuttavia in maniera piuttosto chiara. Non predica bene e razzola male, insomma: quello che dice fa e credo che sia questo che gli utenti, tutto sommato, apprezzino.
          La questione dei bottoni sarebbe interessante da analizzare, per quanto sia piuttosto inconsistente (la possibilità di spostarli a destra o, più semplicemente, di cambiare tema non manca).

          • Santiago

            Si ma come è stato detto sopra la faccenda dei bottoni è ridicola. Quello che ha suscitato scalpore sono le dichiarazioni di Shuttleworth che sono venute dopo. In cui è stato messo in evidenza come il Brand di Ubuntu non sia affare degli utenti. In altre parole, certe decisioni se le tiene Canonical. Poi ora credo che hanno lasciato spazio a due o tre rappresentanti degli utenti ma vabbe.. dopo il casino.
            Daniele (@strae), ci sono tanti casi in cui gli sviluppatori di uno stesso progetto si ribellano tra di loro. Non sono d’accordo e fanno un fork o prendono un’altra strada. È una cosa che in un progetto closed non potrà mai succedere.
            Nel mio ultimo post io sostengo che questo succede perché il software libero ha una componente anarchica che dà libertà di agire quando non si è d’accordo con gli altri.

            Purtroppo ci tocca leggere in giro che il male di linux è lo stesso utente, che discutere tra di noi non ci porterà da nessuna parte, e per un momento ci ricrediamo e diciamo: è vero. Ma poi lo penso meglio e concludo che le tribù di cui si parla siano un derivato dell’anarchia che c’è nel software libero, assieme alla filosofia che ha e che ti fa mettere tutto in discussione.

            Linux non ha un CEO, ci sono delle gerarchie dentro le comunità che si formano ma sono molto più libere. Insomma, col passare del tempo sopratutto lo erano un po’ di più. Non è che ognuno fa quel che gli pare, però se la ricerca che sta facendo Francesco mira a comparare questo con i progetti closed, la libertà di agire – e di pensare – nei progetti open risalta all’occhio.

  4. FlyC

    Mi vengono in mente una serie di esempi circa il brand Nokia e le recenti vicissitudini con Maemo/Meego/N900:
    – all’annuncio che Meego avrebbe utilizzato il sistema di pacchettizzazione .rpm (invece di .deb come in Maemo) una gran parte di utenti protestó ritenendo deb superiore (link: http://bit.ly/cAlgx6 http://bit.ly/a5oFHP http://bit.ly/bBBKmc )
    – il mancato supporto alla funzionalità Usb OTG/Host che era presente nei dispositivi Maemo precedenti sollevó anche essa una discreta ondata di critiche: http://bit.ly/czOqzq
    – feroci critiche verso Nokia ci sono inoltre state quando, annunciando Meego, dissero che questo sistema operativo non sarebbe stato ufficialmente supportato sul Nokia N900 (a quanto pare sarà invece utilizzabile, forse non ufficialmente); dispositivo lanciato da appena 6 mesi, dall’elevato costo, che molti avevano appena comprato, con un software che molti percepivano come in fase ancora di sviluppo e quindi incompleto, e la paura che questo ne avrebbe bloccato la diffusione e lo sviluppo di applicazioni anche perché é l’unico dispositivo con l’os Maemo 5 (links: http://bit.ly/9qqAAV http://bit.ly/c8mEzG http://bit.ly/9lIiXA http://bit.ly/9Ts0pd )
    – infine c’é stata un’ondata di malcontento generale a causa di aggiornamenti software al di sotto delle aspettative e al termine ultimo dei periodi promessi, se non oltre ( http://bit.ly/bMVhuu ed altri thread )
    Questi li conosco perché ho seguito i loro forum giornalmente… Spero che qualcuna di queste vicende riguardi ció che ti serve. Personalmente credo che pur avendo Nokia commesso degli errori di marketing, la community, in gran parte formata da nuovi utenti (acquisiti con il Nokia N900), avesse delle aspettative un po’ esagerate, o cercasse di forzare la mano a Nokia, alimentando un clima negativo in modo da ricevere una maggiore attenzione e supporto. Per tanti é stato un po’ come comprare un iPhone senza che ci fosse il marketing della Apple che non ti fa pesare l’elevata spesa, e che diffonde il dispositivo (più dispositivi = più supporto, più applicazioni).
    Mi annoiavo un po’.. Buona serata.. :P

    • Nedanfor

      N900 ufficialmente supporterà MeeGo in modo non ufficiale :D In sostanza sarà la piattaforma per il testing (c’è già l’immagine del sistema per N900, benché ancora manchi di GUI. Tuttavia chi l’ha provato dice che funziona, per la GUI non c’è che da aspettare ottobre/novembre) e forse in futuro verrà supportato in maniera totalmente ufficiale. Questo è stato fatto più che altro per i dev e gli utenti un po’ più smaliziati che (a buon ragione) hanno avuto più motivo di lamentarsi, ma del resto credo che costituiscano la maggior parte degli utilizzatori di N900 ;)

    • felipe

      Ottimo contributo, soprattutto link alla mano, anche se appunto personalmente non metterei Nokia tra gli esempi di progetti guidati direttamente dalla comunità

      • FlyC

        Beh, nella sua email Francesco parla di iPhone 4 e di come la gente si sia ribellata riguardo il problema dell’antenna… Manco Apple é guidata dalla comunità (anzi spesso é lei che convince la gente a cambiare l’idea di ció che gli serve), anzi ha molto meno a che fare con l’opensource di Nokia (credo)…
        “in generale il mio tema è il modo in cui una comunità, delusa dall’azienda, gli fa un buzz negativo su internet tramite i propri contatti”
        talk.maemo.org é il forum della comunità dell’os Maemo (il forum Nokia é altrove), l’azienda che li ha delusi é Nokia, e ci sono stati buzz negativi in abbondanza nella community e fuori (es: http://bit.ly/9g3MRq questo é un blog post di una delle personalità più in vista della community, Texrat).
        Vabeh, in ogni caso questo era il mio contributo.. :D

        • AnonimoConiglio

          Codesto è l’unico modo in cui gli utenti possono “ribellarsi” ad una azienda. Quello che i capitalisti di vecchio stampo si ostinano a ripetere per ribadire che il sistema è “libero” perché sono i consumatori a decidere se o no comprarlo. Noi, però, a distanza di anni, sappiamo che ci sono tecniche di marketing che inibiscono, per così dire, la libera scelta. Vedi Apple. Vedi come molta gente difende l’antenna del iphone 4 e altrettante persone lo comprano ancora. Nel mondo closed non esistono comunità di svillupatori.
          Nel mondo Opensource/Free software la faccenda è diversa. Le aziende che si buttano nell’open sono capitalisti di nuova era, capiscono che certe tecniche di marketing non funzionano dal momento che tu rilasci i sorgenti, e questo da molto più potere agli utenti. Oltre a darti una comunità di sviluppatori.
          Benché il Coniglio sia un cazzone anarco-socialista, riconosce che il sistema marketing del software closed è diverso da quello del software open. Tra tutti e due preferisce quello open. Anche se a volte le aziende, pur facendo progetti open, detengono il proprio branding come loro prerogativa (vedi Canonical)

  5. dp

    Mi sembra che i forum che caratterizzano più o meno tutte le distribuzioni servano anche a questo.
    Tuttavia, rispetto alla “ribellione della comunità al suo brand”, mi viene in mente una riflessione. Io la butto qui, e sono curioso di sapere cosa ne pensate.
    I fork, le distribuzioni derivate, e consimili esperienze, non sono in effetti “mini-ribellioni” di parti di comunità, in cui alcuni membri tecnicamente capaci letteralmente “emigrano” – portando con loro alcuni adepti – e creano qualcosa a loro più congeniale?
    Il dubbio che mi viene è che nell’open source, proprio perché “open”, esistano strumenti ulteriori e diversi dalla ribellione al titolare del marchio per gestire il dissenso. Una vera e propria “ribellione” della comunità rispetto ad un prodotto (che poi non è altro se non una manifestazione del bargain power, unico reale potere del consumatore) si ha quando il consumatore e la comunità non possono gestire a loro piacimento il prodotto. Il che puntualmente non accade nell’open source. Anche l’esempio dei tasti a sinistra invece che a destra in Lucid Lynx lo dimostra: dopo neanche un giorno di proteste qualcuno ha messo in rete il metodo per rispostare a destra i pulsanti, e le “vivaci critiche” (più che proteste) sono sostanzialmente scemate nelle successive due settimane, senza indurre in alcun modo Shuttleworth a cambiare idea. Se invece non ho potere sul prodotto, la comunità dei consumatori deve ribellarsi al fine di indurre chi ne ha a modificare il prodotto (v. iPhone; ma anche Windows Vista).
    Insomma: gli strumenti del web 2.0 mi sembrano divenuti essenziali per chi gestisce prodotti “chiusi”, per verificare la bontà delle proprie scelte imprenditoriali che -tendenzialmente- difficilmente ammettono e permettono di tornare sui propri passi. Chi invece gestisce prodotti “aperti” o comunque facilmente modificabili anche dagli utenti, vede nei forum e in altri strumenti più una fonte di ispirazione e di emersione di nuove esigenze che permette eventualmente il miglioramento anche decentrato del suo prodotto, che uno strumento di rivelazione e misurazione del gradimento.
    Ma -ripeto- sono curioso di sapere che ne pensate, anche vista la mia poca esperienza in materia (uso Ubuntu solo da 3 anni).

    • Daniele

      “I fork, le distribuzioni derivate, e consimili esperienze, non sono in effetti “mini-ribellioni” di parti di comunità, in cui alcuni membri tecnicamente capaci letteralmente “emigrano” – portando con loro alcuni adepti – e creano qualcosa a loro più congeniale?”
      Forse, ma in modo più pacato: un fork è dire `il tal software funziona così, gli sviluppatori vogliono scegliere questa strada, secondo me è meglio (o ha altri vantaggi) un’altra strada, ci provo`
      Guarda linux mint e ubuntu: non si può dire che il team di linux mint sia in conflitto o abbia delle lamentele verso ubuntu, semplicemente ha tentato nuove strade senza voler imporre la loro idea a canonical

  6. bLax

    dear Francesco, ti porto un esempio facile facile che cita proprio un “brand” famoso e proprio una -piccola- sommossa:
    qualche anno fa Mozilla volle proporre l’accettazione di un EULA per quel che riguarda il suo marchio “Firefox” e relativi loghi all’interno delle varie distro -chiaramente il polverone nacque con Ubuntu ;) –
    praticamente si aprivano 2 vie: ri-compilare di volta in volta FF sotto altro nome – come fà Iceweasel su debian, per via delle ristrettissime regole che si è imposta debian stessa – oppure dover semplicemente cliccare su un contratto alla fine di un installazione/primo avvio di FF.
    manco a dirlo gli utenti si sono infuriati, un po per pigrizia, un pò per orgoglio, in quanto Mozilla ne trae solo vantaggio dalle distro che la pubblicizzano gratis, e viceversa quando proposto linux si può dire “si!puoi navigare con FF!”, quando in realtà i maggiori DE hanno già i loro browser integrati – Konqueror e Epiphany –
    ora è un po che non faccio un installazione fresca ma mi par proprio che hanno abbandonato l’idea.. :)buon lavoro

    • Nedanfor

      Confermo che è stata abbandonata: in buon parte per mano di Canonical che stava valutando di sostituire Firefox con Iceweasel (o di ricompilarlo da sé) e soprattutto grazie alla forza degli aficionados che minacciavano di abbandonare Mozilla (niente soldi, niente T-Shirt, niente testing, niente community). Al suicidio han preferito ritrattare :D
      PS. Grazie per averla postata, non so come ho fatto a non ricordarmene/dimenticarmene.

      • Lorenzo

        Appunto, non l’hai usata a caso quella parola: non ascoltare ciò che dice la comunità può corrispondere a un “suicidio” per un marchio. Forse la creazione delle brand comunity non è altro che una evoluzione del fenomeno della fidelizzazione della clientela; in questo caso ascoltare la clientela è un modo per guadagnarsi la sua fiducia, anche se a differenza di un semplice episodio di fidelizzazione i pesi tra comunità e marchio sono distributi in maniera diversa.
        All’interno di una organizzazione invece i rapporti secondo me sono diversi, più dinamici e democratici (ovvietà, tanto per completezza)

    • bLax

      tra l’altro aggiungo: secondo me più che il pubblico è stata la stampa a cercare di affondare iphone4….altrimenti non si spiega il fatto che continuano a venderlo come il pane :)

  7. viandante

    Ciao Francesco,
    ho studiato un poco i brand community. Quello che mi sento di consigliarti è di cominciare da casi pratici. Se ti va, ti posso mandare qualche studio.
    Un esempio che mi viene in mente è questo: http://www.coloplast.com. Se ricordo bene, la coloplast ha aperto una piattaforma di scambio per esperti del settore (pare partecipino soprattutto infermiere). In questa piattaforma le infermiere con più esperienza hanno cominciato ha insegnare a quelle più giovani. Tutto a giovamento della coloplast che così viene riconosciuta come il brand di una community.
    Il punto è che il brand community non è applicabile a tutti i prodotti. Non credo sia possibile fare il brand community della coca cola per esempio.
    Comunque, ripeto, forse è il caso che esamini casi pratici è tiri fuori un modello da applicare all’open source. Eviterei di andare direttamente sull’open source (secondo me, trovi poca bibliografia).

  8. Giulio

    Vorrei chiedere, a tutti fan dell’open source e dell’open in generale: come avete reagito al mezzo “tradimento” di Google sul tema della net neutrality? Sappiamo tutti come Google dia un grosso contributo all’open source,e per questo é ricambiata con la nostra simpatia e spesso sostenuta apertamente.
    Poco tempo fa come sapete hanno reso pubblico il documento di intesa comune con Verizon, e le reazioni non si sono fatte attendere, e sono tutte piuttosto unanimi. Leggete gli articoli su ars technica (chi capisce l’inglese) o su Punto Informatico, tutti parlano di tradimento, di presa in giro (di noi utenti da parte di Google) e di voltafaccia. Io personalmente, come moltissimi utenti e sostenitori dell’open source, sono rimasto molto deluso da questo cambio di direzione e ho decisamente mutato il mio atteggiamento finora benevolo verso questa azienda. É stato lo stesso per altri?

    • bLax

      mah penso che questo caso sia una cosa circoscritta, in cu rientrano vasti movimenti di potere, ma tutti centrati su un unica rete, quella verizon….
      d’altronde ci son altri cento esempi di azioni di google che non sarebbero proprio in linea con quello che predicano….da google china e altri
      è come i concetti di St.Stallmann….se linux e gli sviluppatori non fossero mai scesi a compromessi oggi non ci sarebbe nulla…di nulla….

      • Nedanfor

        Stallman scriveva codice su macchine proprietarie con UNIX, ha sempre detto che il fine giustifica i mezzi. Ma solo se altri mezzi non ce ne sono :)

  9. Andrea

    Esempio minore:
    Songbird che smette di rilasciare pacchetti per linux (mentre prima per le prime versioni lo faceva abitualmente), ora gode di molta meno fiducia da parte della comunita’ linux (nonostante sia open source) per questo motivo.
    Potrei sbagliarmi ma ricordo una certa delusione.

    • Daniele

      Mi immagino il team di pidgin “che palle ‘sti bimbiminkia se non gli diamo le icone blu fiordaliso forkano e fanno la versione emo di pidgin” 8D

  10. Francesco Catarinozzi

    Ragazzi non so come ringraziarvi del vostro contributo, mi state dando una grossa mano.. :-D

  11. GNAM

    Microsoft e la community – parte 1
    Il mondo intero dice da anni che NTFS è una merda,
    e Microsoft… se ne frega e lo mantiene!
    In effetti ho il sospetto che il mondo intero abbia torto ;)

  12. GNAM

    Microsoft e la community – parte 2
    Al contrario, Microsoft ha ceduto su Vista.
    Vista era un prodotto eccellente,
    ma il mondo intero diceva che era una feccia.
    Microsoft è stata costretta ad ammetterlo,
    poi l’ha rinominato in Windows 7,
    e ora il mondo intero è felice e contento ;)

  13. Lorenzo

    una domanda (che scaturisce dalla mia ignoranza, quindi non so se centri qualcosa, però potrebbe uno spunto): che ruolo hanno le alpha/beta/rc nel contesto della comunità?

  14. Grande_BRAx

    Non so se può interessare, ma io ho pensato al caso scoppiato qualche anno fa in BMW. In quell’occasione i fan del marchio, delusi dalla svolta nel design data da Chris Bangle, ne chiesero il licenziamento. O qualcosa del genere.
    Saluti.

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