Ubuntu One viene spesso liquidato da tanti come un clone di Dropbox non altrettanto supportato, io stesso ho attivato un’utenza ma non l’ho mai usata se non per brevi test. Con l’avvento di Ubuntu Music Store però si sono aperte nuove possibilità e nuovi scenari che mi hanno incuriosito.
In questa chiacchierata informale-ma-non-troppo che ho avuto ieri con Cristian Parrino e Nicola Larosa del team di Ubuntu One, Canonical, ho cercato dunque di togliermi alcune curiosità che ho sempre avuto ma mai approfondito. Credo che possa servire a capire un po’ meglio le strategie dietro a questo ambizioso progetto di Canonical.
Presentazioni
felipe: ciao, grazie per aver accettato l’invito. Cominciamo subito o preferite fare due “palleggi”?
Cristian Parrino: un po’ di stretching palleggiando è sempre utile :-)
Nicola Larosa: riscaldiamoci con le presentazioni.
felipe : ok cominciamo subito :D quali sono le vostre aree di competenza all’interno di Canonical e Ubuntu One?
Cristian Parrino: io sono entrato in Canonical a Marzo con a carico il gruppo Online Services.
Nicola Larosa: io sono Senior Web Developer all’interno del gruppo Online Services, che si occupa di Ubuntu One, lavoro in Canonical da gennaio 2009.
felipe : Ho anticipato in SocialBox che avrei trattato di Ubuntu One, e ho ricevuto spunti molto interessanti, ma innanzi tutto potreste riassumere cos’è Ubuntu One?
Cristian Parrino: Ho letto le anticipazioni infatti :-) Nel definire Ubuntu One stiamo cominciando ad usare il termine “personal cloud”, quindi quel luogo “fidato” dove non solo puoi depositare i tuoi contenuti e creare un accesso multiplattaforma, ma dove possiamo creare servizi utili sui contenuti depositati in Ubuntu One.
I tre livelli di Ubuntu One
felipe: suppongo che le cose si siano evolute molto dopo Ubuntu Music Store, che ha fatto diventare One un progetto molto ambizioso.
Cristian Parrino: sì, è interessante vedere Ubuntu One ad un ottica a tre livelli. Il primo, dal punto di vista dei tipi di contenuti sincronizzati e dalle piattaforme supportate, quindi documenti, note, segnalibri e contatti accessibili via Ubuntu, via web e tra poco Windows (beta) per i documenti. Il secondo è lo sviluppo dei servizi sui contenuti depositati in Ubuntu One, ad esempio il servizio di music streaming integrato ad Ubuntu One Mobile, per Android e iPhone quindi prendiamo tutti gli mp3 depositati in Ubuntu One (e non solo quelli comprati attraverso il music store), e abilitiamo uno streaming ai telefoni iPhone e Android attraverso client locali. Il terzo è l’integrazione dei servizi di terzi, il music store è essenzialmente un primo esempio di come si possa integrare un servizio, in questo caso lo store di 7digital, al personal cloud. Immaginati lo stesso modello applicato ai diversi servizi online, che siano di musica, video, libri, ecc
felipe: il successivo passaggio sarà incoraggiare la crescita di un ecosistema di servizi, ma per fare questo sono necessari alcuni fattori, tra cui il multipiattaforma. Che tempi ci sono per Ubuntu One su Windows, ed è prevista una versione Mac?
Cristian Parrino: a partire da Maverick, abbiamo una presenza su tutti e tre i livelli, anche se ci siamo focalizzati sui primi due per windows, il cliente beta e’ previsto per la settimana prossima mentre il servizio Ubuntu One Mobile (music streaming e sincronizzazione contatti) e’ attivo da ieri sera (7 ottobre N.d.felipe). L’applicazione Android e’ gia’ nel Marketplace, mentre stiamo aspettando che Apple approvi quella dell’Appstore. In questo momento non abbiamo un progetto attivo per Mac, ma rimane un obiettivo a medio-termine.
Nicola Larosa: beh, il music store non è solo un esempio del terzo livello, sta anche riscuotendo un discreto successo.
Cristian Parrino: infatti, è proprio il successo del music store che conferma la viabilita’ del terzo livello.
felipe: avete già qualche dato statistico? utilizzo, diffusione ecc
Cristian Parrino: abbiamo oltre 500,000 utenti, cosa che ci ha colto un po di sorpresa dato che non abbiamo fatto marketing. Infatti abbiamo dedicato tante risorse allo scaling del servizio durante gli ultimi mesi. Per il Music Store non ho dei dati precisi a portata di mano.
Caratteristiche presenti e future, paragone con Dropbox
felipe: personalmente non sono un utente di Ubuntu One: ho creato un’utenza e l’ho provato, ma mi ci sono interessato solo in seguito, grazie al Music Store. Compatibilmente con quanto potete svelare, quali sono le prossime novità che attireranno utenza e su cui si sta maggiormente investendo?
Cristian Parrino: per il prossimo ciclo ci concentreremo sull’estenzione dei servizi attuali (music streaming, contatti, file, bookmarks), per esempio estendendo la presenza su Android e iPhone per abilitare la sincronizzazione di foto e potenzialmente bookmarks, oppure estendendo il servizio di streaming ad altre piattaforme. Su Windows la versione beta sarà solo per il file sync, ma vedremo di estendere la sincronizzazione contatti, note, ecc
felipe: tra le curiosità poste in SocialBox ce n’è una che sta a cuore a molti, il sempreverde: perché scegliere One invece del diffusissimo e già stabilmente multipiattaforma Dropbox?
Cristian Parrino: una domanda che ricevo spesso :-) Dropbox fa una sola cosa, e la fa benissimo: la sincronizzazione dei file. Per chi ha bisogno esclusivamente di un servizio di storage e sync di file, Dropbox e’ la soluzione ideale. Per chi vuole usufruire di un servizio piu’ completo, di “personal cloud”, non solo a livello di sincronizzazione di contenuti (documenti, contatti, note, bookmarks ecc), ma anche sui servizi di valore aggiunto (music streaming) o integrati (music store), Ubuntu One diventa una scelta piu’ naturale.
felipe: è stato anche chiesto qualche dato sulla velocità di trasferimento dei dati, per tutti questi servizi è di vitale importanza garantire standard alti…
Cristian Parrino: una delle migliorie introdotte in Maverick di cui andiamo piu’ orgogliosi è la velocita’ di trasferimento, ormai quasi immediata. Francamente non ho dati a portata di mano.
Nicola Larosa: la velocità di trasferimento vera e propria dipende dalla banda disponibile nei vari data center, e non credo rilasciamo dettagli implementativi di quel genere.
Cristian Parrino: pensa che proprio ieri, da utente, ho comprato un mp3 nel music store, ed entro 15 secondi stavo già facendo streaming da Android con il file disponibile nel cloud, sul desktop e via web.
Un improbabile “Ubuntu One vs Ping”, e …rende?
felipe: questa è una mia curiosità nata sulla scia della nascita di Apple Ping: è prevista l’aggiunta di funzionalità sociali o di community a One? intendo qualcosa del genere: pubblico un file, genero uno shortlink, la landing page permette ai miei contatti di condividere, commentare, giudicare condannare (cit)
Nicola Larosa: i servizi di community di One sono già inclusi, si chiamano “Ubuntu” ;-)
Cristian Parrino: credo sia una evoluzione graduale e naturale e non solo a livello musica. Il concetto di sharing e publish su files e’ gia’ stato introdotto dal 10.04, e con la sincronizzazione dei contatti abbiamo costruito le basi per estenderci ancora. Puoi gia’ pubblicare il file generando uno shortlink e condividere, ma non ancora commentare, giudicare ecc sulla landing page.
felipe: se vi ho dato l’idea voglio il 15% degli introiti :D
Nicola Larosa: non è questa idea così originale, felipe ;-)
felipe: uno ci prova, Nicola :D
Cristian Parrino: hehe, fa sicuramente parte della lista lunga dei potenziali nuove funzioni, ma non sono ancora in grado di dirti se e quando sara’ implementata.
felipe: in realtà la battuta era per portarmi ad un’altra questione: il tutto rende? Si dice che Canonical deve svincolarsi dal fiume di soldi di Shuttleworth e imparare a camminare sulle proprie gambe, è possibile avere qualche dato su quanto One stia contribuendo ad autosostenersi finanziariamente?
Cristian Parrino: Per adesso non stiamo rilasciando dati in questo senso, ma con l’uscita dalla fase beta e l’introduzione dei nuovi servizi Maverick, cominciamo a rafforzarci parecchio.
(Pausa pranzo…)
felipe: ragazzi io non ho finito ma ho fame, ci facciamo un altro 1/4 d’ora dopo pranzo?
Cristian Parrino: perfetto, anche perche’ devo scappare per un’altra intervista.
felipe: mi fate una foto del vostro pranzo? :D
Cristian Parrino: hehe, azz, un panino vicino la scrivania non rende molto…
Nicola Larosa: puoi dare un occhio alle torte che si scambiano sviluppatori e sistemisti :-)
PS: ho dimenticato di chiedere chi ha fatto le torte…
Codice aperto o chiuso
felipe: mi piacerebbe approfondire un po’ due questioni legate: la prima riguarda l’apertura del codice di One. È prevista?
Cristian Parrino: perfetto, fino ad oggi l’approccio e’ stato quello di aprire il codice client ma non quello server, sia per proteggere l’investimento che per la complessita’ dell’infrastruttura. Nonostante questo, durante il prossimo ciclo dedicheremo parecchie risorse ad esporre degli API che consentiranno agli sviluppatori di far leva su questa infrastruttura per poi arrivare ad un vero e proprio app developer program attorno ad Ubuntu One, collegate ad altre risorse di Canonical come il Software Center.
felipe: ma niente apertura lato server, right?
Cristian Parrino: per adesso no. Non escludo che si riprenda questo discorso in futuro, ma oggi come oggi sarebbe anche difficile capire *cosa* aprire dal lato server.
Nicola Larosa: puoi trovare parecchi dettagli sulle varie parti di Ubuntu One in questo post di Elliot Murphy.
Ubuntu One in distribuzioni non-Ubuntu
felipe: la seconda questione è: in che misura possiamo aspettarci che altre distribuzioni adottino Ubuntu One? come si pone Canonical nei confronti della concorrenza, incoraggia o meno la diffusione del client? Già a partire dalla scelta del nome, sembrerebbe chiara la volontà di proteggere l’esclusiva (lasciando stare il fatto che l’integrzione di One richiede lavori di adeguamento su alcuni software, tipo RB).
Nicola Larosa: mi sembra qualcuno avesse già avviato il porting del client su altre distribuzioni.
Cristian Parrino: si, infatti siamo aperti all’utilizzo del client. Normalmente ci viene richiesto il permesso di continuare ad usare il brand “Ubuntu One”, non il contrario.
felipe: ottimo segnale. Siete in “trattativa” con qualche distributore in particolare?
Cristian Parrino: no, normalmente sono richieste non-commerciali, indipendenti.
felipe: dall’adozione di One presso altre distro potrebbe venire una decisa spinta per Ubuntu. È una possibile via strategica, no?
Cristian Parrino: possibile certo, ma non qualcosa che stiamo affrontando proattivamente, ne ci è stato proposto.
felipe: bene, mi sembra tutto. Avete qualcosa da aggiungere?
Cristian Parrino: sì, le risorse disponibili sul sito di Ubuntu One e sul blog di Ubuntu One, le hai gia’ viste immagino.
felipe: perfetto …non mi avete fatto le foto del pranzo vero? :-D
Cristian Parrino: ops…
Nicola Larosa: usa le torte :-)
Dovevo segnalartelo prima nel tuo post in socialbox, comunque mi piacerebbe avere alcune risposte a queste domande: per quanto riguarda il client KDE c’è qualche novità? Verrà creata una risorsa per akonadi in modo da poter sincronizzare i contatti (in maniera decente)? Verranno totalmente trascurati gli utenti KDE (come spesso accade)?
Il fatto che anche grandi sostenitori del codice aperto, non aprano il codice che gli rende soldi può essere una dimostrazione del fatto che sia davvero difficille guadagnare tramite l’opensource? (è un dubbio a cui non riesco ancora a darmi risposta)
Purtroppo se dovessi rispondere alla tua domanda, direi che hai ragione.
Se dai una occhiata al link che ho messo in basso, dello sviluppatore di Ubuntu One, c’è un commento che dice lo stesso di te:
Purtroppo la conclusione di queste discussioni arriva sempre allo stesso punto: sembra che per fare soldi con l’open source è necessario fare a meno di una parte di libertà. In questo caso, visto che si parla di cloud, si sta facendo a meno del controllo dei nostri file.
Non ci ho pensato nemmeno io a KDE, ma solo perché sono già cosciente che a Canonical di KDE non è che freghi più di tanto…
Ci sta lavorando Harald Sitter, sviluppatore Kubuntu, anche se in maniera “ufficiosa” https://launchpad.net/~apachelogger/+archive/ubuntuone-kde
No, Harald non ci sta lavorando. A quanto sembra, ha invece deciso di dedicare il suo tempo a qualcosa di più importante e *libero*: https://bugs.edge.launchpad.net/ubuntuone-client/+bug/375145?comments=all
Sinceramente, io ho sempre considerato Ubuntu One come una brutta copia di Dropbox. Sì, riconosco che integrarlo con lo “store” di musica è una bella idea. Ma la parte che più mi interessava riguardava il codice aperto/chiuso. E purtroppo le risposte sono quelle che mi aspettavo. Ancora niente piani per aprire il lato server.
Spezzando una lancia a favore di Dropbox, tra poco ci sarà la sincronizzazione selettiva. Praticamente potremo scegliere quale cartelle sincronizzare sul fisso e quali lasciare solo sul web :)
Segnalo anche il post dello sviluppatore di UbuntuOne, Martín Albisetti, che mi è stato indicato da @lelaman nei commenti del mio blog. Post intitolato “Open Source is Awesome” ma che parla di Ubuntu One.
Il fatto divertente è che gli hanno fato notare che UbuntuOne non è completamente Open. Ma lui non lo voleva ammettere apertamente.
Ho parlato anch’io nei commenti con lui… Lui sostiene che la gente non capisce che una cosa del genere è “necessaria“. Evidentemente è necessaria per portare utenti ad usare Ubuntu, questo si era capito, evidentemente la loro logica è che portando utenti a usare ubuntu si porta l’open source nelle case, già… Tuttavia, come ho già detto in passato: ancora un’altra volta ubuntu si avvicina alla massa e si scorda di portare la filosofia Free Software.
Questo, oltretutto, viene evidenziato nella chiacchierata che ho avuto con Albisetti. Mi ha detto che Debian ha la sua filosofia e Ubuntu un’altra, e nonostante ciò “Canonical sta portando l’open souce ai desktop più di ogni altro progetto nella storia“… io non lo ritengo neanche in cattiva fede, ma quindi in base all’argomento “quantità” giustificano il fatto di stare sviluppando un software closed. Ottimo.
Io la vedo in un modo diverso. Perché praticamente tutte queste meraviglianti idee per spingere e promuovere Ubuntu a mio parere vanno un po’ contro alle idee di molti programmatori (anche di ubuntu, non di canonical) intendo persone che vogliano promuovere il software libero.
Voglio dire, ormai credo che Canonical stia “svendendo linux“. Tanto per citare un pezzo di Luca Ferretti. (chiarisco che lui non ha fatto quell’affermazione esplicitamente. L’ha messa a mo’ di domanda e poteva intendere il contrario.)
Perché in fondo, ci sarebbe da fare un discorso a parte ma importante, e cioe che la filosofia free software perde molto mentre più avanza il cloud (chiuso). Proprio l’altro giorno ho scritto qualcosa al riguardo: Il Software Libero sta perdendo argomenti a favore?
Cito la parte interessata(quello che penso di Ubuntu One):
Grazie comunque dell’intervista, e potevi risparmiarti le torte, mi hai fatto venire fame. :D
Beh, bisogna dire che già avere codice del client rende Ubuntu One un po’ più libero rispetto a Dropbox.
Ad esempio Dropbox, che uso in quanto strumento di collaborazione indispensabile per le funzioni di sharing eccezionali e per il supporto multipiattaforma (lavoro spesso contemporaneamente con winari e macachi), posso usarlo solo sulle architetture per cui l’azienda fornisce i binari del demone.
Quindi ad esempio niente ARM, niente FreeBSD. Se voglio usare Dropbox posso farlo solo dalle macchine e dai sistemi operativi che hanno scelto loro. Potenzialmente con Ubuntu One non ho queste restrizioni quindi sono più libero. È ovvio che, appunto, le restrizioni al momento non sono poi tanto limitanti, e i benefici superano gli svantaggi di alcuni ordini di grandezza.
Ed entrambi rimangono servizi cloud di qualità con server proprietario, che nella mia personale classificazione stanno sotto la voce “utilizzabili a patto di avere una strategia di uscita, mai arrivare a dipenderne”
Verissimo. Ma andiamo alla sostanza. Il software – anzi – il modo in cui i nostri dati vengono gestiti resta sempre closed. E quindi non si può dire che sia un software o un servizio d’accordo con la filosofia free software.
Il problema è che se ci pensi, loro dicono sia Open perché il metodo di sviluppo è open, ma il prodotto finale non lo è.
E poi molti dicono: sì ma va bene così, è “necessario”. Ma io non parlo di bene o male, io sto solo dicendo che Canonical sta sviluppando un software closed, e contrariamente a quello che è giù successo con Launchpad, in questo caso non hanno ancora intenzioni di aprire il lato server. La cosa fa pensare e ti fa concludere che:
1. forse l’open source serve alle aziende solo come metodologia di lavoro ma come prodotto finale. Quindi le cose interamente open non servono per fare soldi.
2. Questo “portare linux alla gente” implica dover cedere a un po’ di libertà.
E quindi preferirei avere un Gnu/Linux meno “marketing” e più “comunità”. Ma Ubuntu sta facendo il contrario.
Ora io, come ho scritto sul mio post, non voglio fare l’ipocrita. Io ammetto che uso dropbox e che tutti questi sistemi cloud, lo vogliamo o no, si affermerano di più in futuro. Ma c’è una differenza sostanziale tra dropbox e ubuntu. Il primo è una azienda che nasce per il cloud e offre un’unico servizio. La seconda – ubuntu, ma mi piace chiamarla la distro di don abbondio – è nata per “spiazzare windows” per “Portare l’open alle case”, ma sviluppa un software non interamente open (ossia closed) e non vuole ammetterlo.
E ti dico di più, non lo ammette chiaramente perché farlo significherebbe riconoscere che l’open serve per produrre ma non per vendere.
In una prima fase ha senso tenere il prodotto closed per mantenere la rotta progettuale fino alla maturazione. Una volta che sara’ maturo, integrato e con molta utenza alle spalle aprirlo non portera’ una sostanziale differenza, sara’ quello il vero momento in cui bisognera’ vedere se tengono realmente alla filosofia FLOSS…
Guarda che qui il discorso è proprio il fatto di poter offrire servizi free e cioè gratis. Va bene l’open source ma siete veramente tutti che convinti che se Linux costasse come Windows nessuno cambierebbe idea?. Canonical non è un ente di beneficenza e soprattutto non ci deve niente… ci offre un sistema operativo e dei servizi in maniera completamente gratuita, e per me questa è già una grossa libertà, la libertà di non dover mettere mano al portafoglio per usare un computer… questo deve bastare per ora.
Rivedi il tuo concetto della parola libertà.
Per fortuna in italiano la parola Gratis e la parola Libero sono diverse. Quindi non puoi fare confusione.
Questo non c’entra niente con quello che ti ho detto io. Forse qua l’italiano sei tu che lo devi imparare. Ho semplicemente detto che Canonical non è in debito con gli utenti in quanti ci offre un sistema operativo gratis e per la maggior parte dei componenti cosa vuoi di più? Io non capisco perchè le persone come te che probabilmente non guadagnano la pagnotta sull’opensource si permettono di denigrare la scelta di un azienda che finora ha solo perso dei soldi, e che comunque è fatta da persone che hanno bisogno di uno stipendio per vivere. Non ti sta bene? Cambia distro o fanne una tua…
Questo non c’entra niente con quello che ti ho detto io. Forse qua l’italiano sei tu che lo devi imparare. Ho semplicemente detto che Canonical non è in debito con gli utenti in quanti ci offre un sistema operativo gratis e per la maggior parte dei componenti cosa vuoi di più? Io non capisco perchè le persone come te che probabilmente non guadagnano la pagnotta sull’opensource si permettono di denigrare la scelta di un azienda che finora ha solo perso dei soldi, e che comunque è fatta da persone che hanno bisogno di uno stipendio per vivere. Non ti sta bene? Cambia distro o fanne una tua…
non volevo infierire ma lì hai detto una grossa stronzata. Rivedi il tuo concetto di libertà.
> Canonical non è un ente di beneficenza
Canonical [1] guadagna offrendo servizi come consulenza, assistenza, certificazioni, formazione, etc…
> e soprattutto non ci deve niente…
Poichè Canonical guadagna con queste attività guadagnerà in proporzione al numero di persone che usano Ubuntu. Ubuntu è la distribuzione GNU/Linux più diffusa e questo le sta permettendo di spingersi sempre di più verso l’uso server, mercato dove i servizi che offre sono molto importanti.
Quindi quando dici che non ci deve niente sbagli perchè è grazie a te e a me se Canonical guadagna, se noi e molti altri usassimo ArchLinux ad esempio Canonical sarebbe molto ridimensionata.
Con questo non voglio dire che non apprezzo Ubuntu, senza dubbio a molti pregi ma questo non vuol dire che Canonical possa sfruttare la sua popolarità per veicolare software chiuso. Ubuntu è quello che è grazie a tanto buon software libero (“siamo quel che siamo etc, etc, etc…”), debian, GNOME, il kernel, e così via, non lo dimentichi.
Quindi è sbagliato che cerchi di guadagnare? Assolutamente no! Io spero che Canonical guadagni di più, però senza andare contro i principi che molti dei suoi utenti hanno a cuore *.
* Se lo stack di Ubuntu One diventasse libero perderebbero utenti? Secondo me no, anzi credo che molti che al momento non lo usano in quanto software chiuso potrebbero cominciare ad usarlo.
[1]: http://www.canonical.com/
Bell’articolo!
Comunque riguardo a ubuntu one per kde non si sa piú niente?
Sì: https://bugs.edge.launchpad.net/ubuntuone-client/+bug/375145/comments/56
Morale della favola: aspettiamo fiduciosi gli sviluppi di ownCloud!
Piu che un’intervista sembra una pubblicità ad ubuntu one…
le domande piu spinose come kde, o closed mancano o non le hai spinte abbastanza…
ti sei fatto trascinare, non hai trascinato…
voto 6-
Che razza di pubblicità sarebbe un articolo in cui dico che io non uso il prodotto in questione? :D
È un approfondimento su domande che ci siamo sempre posti. Per quanto riguarda KDE leggi il mio commento più su (http://pollycoke.com/2010/10/09/chiacchierata-col-team-di-ubuntu-one/#comment-30373), riguardo alla faccenda open/closed ho chiesto e mi è stato risposto, non avevo rivoltelle per minacciarli al momento…
Non è una minaccia pretendere spiegazioni sulla natura del progetto, non devi per forza tenere un tono inquisitore. Canonical usa progetti free per la sua distribuzione e sfrutta pesantemente il lavoro di Debian e in parte quello di Red Hat. E’ così strano chiedere a Canonical di cercare di adottare una politica leggermente più free in modo tale da garantire alle altre distribuzioni la possibilità di usare il lavoro fatto per Ubuntu come avviene già viceversa?
Io vorrei sapere a cosa si riferisce la frase “*cosa* aprire del lato server”: cosa dovrebbe esserci da non aprire?
Più che altro mi sembra chiaro: la risposta è che non apriranno il codice lato server.
Non ha senso fare il tono inquisitore con loro che sono semplici dipendenti e sono stati gentili a rispondere alle nostre curiosità, poi uno valuta e decide autonomamente, basandosi anche sulle loro risposte a queste domande :)
Capisco il tuo punto di vista, però rief ha ragione, sebbene aggredire i dipendenti canonical non porti a nulla è sacrosanto chiedere più libertà.
per me la grande differenza tra ubuntuone e dropbox sta nel fatto che con quest’ultimo posso avere fino a 8gb di spazio gratuito, mentre con ubuntuone resto fermo a 2gb…
0. concordo con Shad.
1. da quando felipe si e’ rilevato, non so perche’, lo confondo con beppe cruciani, conduttore de la zanzara. Mi si e’ creato un cortocircuito fra i due che spero svanisca presto.
2. uso software free anche per il senso di sicurezza che mi da nell’utilizzo di software “trasparenti”, ora mi si chiede di affidare i miei dati (cosa a cui tengo di più) ad un servizio closed? no scusa, non fa per me, scusa.
Beh, non capisco cosa tu possa avere contro Beppe Cruciani…
Beh, certo, non sono d’accordo con lui praticamente mai, ma è una persona piuttosto intelligente e un conduttore assolutamente superbo!
Avevo letto di una possibile sincronizzazione di impostazioni, e lista software tra due computer… se ne sa qualcosa?
sono un po combattuto: da un lato sento molta spinta verso questi cloud, che a me sinceramente non convincono molto per tre semplici motivi
-i dati importanti è meglio non darli in mano a NESSUNO e basta (ma quindi a che serve cloudizzare se ci metto solo stronzate?)
-c’è il sempreverde tema del digital-divide (io nonostante abbia una 2mB, in realtà a volte giro come un 56k)
-centralizzare vuol dire complicare, e come si evince dal classico Jurassic Park, piu un sistema è complesso piu è probabile il danno
dall’altro lato noto un generale scetticismo per i piani closed di ubuntu….e questo non lo comprendo, perchè comunque che il software sia open o closed, non posso avere il controllo sui loro server – per inciso, nel codice da compilare magari non ci sono backdoor, ma il concetto stesso di backdoor stà nel pc di casa mia…nel loro server le impostazioni possono metterle come vogliono anche se è opensource!
oltretutto, a tutti gli scettici che abnegano la bontà di ubuntu, direi prima di farsi un esame di coscienza e chiedesi se hanno sottoscritto facebook, gmail, yahoomail, dropbox, picasa ecc ecc, sistemi che possiamo definire cloud e che certamente non sono aperti al lato server, e se lo sono è kmq inutile per gli utenti per i sopracitate argomentazioni….
> farsi un esame di coscienza e chiedesi se hanno sottoscritto facebook, gmail,
> yahoomail, dropbox, picasa ecc ecc, sistemi che possiamo definire cloud
> e che certamente non sono aperti al lato server
La grossa differenza tra questi servizi e quelli offerti da Ubuntu è che Canonical è un distributore GNU/Linux che fa’ dell’open source il suo cavallo di battaglia. Open source che ultimamente sembra andare di moda ed è usato più che altro per fare *marketing*.
Nella home di Ubuntu.com c’è un bel link a questa pagina : http://www.ubuntu.com/project/open-source
“In the spirit of open source, Ubuntu is absolutely free to download, use, share and improve however and whenever you like.”
Da notare *improve*, migliorare, ma come si può migliorare qualcosa che non si può nemmeno vedere perchè chiuso?
quella frase si riferisce a Ubuntu OS, di cui ti puoi scaricare i sorgenti, usarli migliorarli e condividerli (attenzione, condividere non vuol dire che puoi decidere te se un bug è critico -solo- perchè ubuntu non funzia sul tuo macchinario, in compenso puoi modificare i sorgenti a doveri e aggiustartelo……non mi pare poco vista l’alternativa…winzozz, dove non puoi fare neanche questo!winzozz NON è tuo, è in prestito….)
ubuntu One è un “servizio” di hosting, di cui comunque non potrai mai manovrare le leve….
renderlo open significa darlo in mano o a gente che non se ne fà nulla (tipo noi che non abbiamo un capannone di servers) o a gente che se ne fà troppo (prende il codice, compila e apre un secondo store)
non mi pare così illegittimo
Veramente un peccato tu non abbia chiesto di KDE,anzi spero che almeno leggano i commenti,in effetti trovo assurde certe prese di posizione di canonical rispetto a Kubuntu(forse hanno paura delle sue potenzialità),ma trovo assurdo pensare di mettere Ubuntu One e Music Store su altre distro e non pensare che loro cmq avrebbero da guadagnare implementando queste cose in Kubuntu,non che ci manchino ma se il loro obbiettivo è di guadagnarci ed i padroni di Kubuntu sono sempre loro(canonical) che pensano a fare a dare i loro prodotti ad altre distribuzioni se loro stessi non le supportano in tutte le loro?
Le domande a cui ero più interessato erano due: a quando il codice libero per il server e quanto ci stanno guadagnando? In entrambi i casi sono stati evasivi: posto che alla prima in pratica hanno risposto con un “non se ne parla”, mi aspettavo di più sul secondo fronte; perché mi sembra che quello potrebbe essere un ottimo sistema per guadagnarci qualcosa e ottenere una buona indipendenza economica.
Personalmente ho già speso una trentina di euro sul Music Store, ma tutta questa velocità non la vedo: è da un mese che un intero album è in fase di “Transferring to your Ubuntu One storage”, senza dare segni di vita.
“Cristian Parrino: perfetto, fino ad oggi l’approccio e’ stato quello di aprire il codice client ma non quello server, sia per proteggere l’investimento…”
L’opensource non protegge gli investimenti.
Se fossi un fanboy opensorcio mi sentirei preso per il sedere.
Purtroppo quando ho visto il tuo invito a far domande per la chiacchierata non son riuscito a scriverlo, quindi lo faccio notare ora:
Pare che il servizio di sincronizzazione contatti e segnalibri non abbia mai funzionato (a qualcuno sì?), infatti solo da un paio di giorni qui https://wiki.ubuntu.com/UbuntuOne/Status#Bookmarks ci sono novità che fanno intravvedere la fine del tunnel. Seguo quella pagina da giugno-luglio e il servizio è sempre stato fermo.
E poi la questione “non apro il codice lato server per proteggere l’investimento” è molto interessante e meriterebbe una approfondita (ma si rischia di non uscirne)
effettivamente molto open source come discorso